L'Estragon completa la trinità del post-rock portando, a quattro mesi dai canadesi Godspeed You! Black Emperor e a due mesi e mezzo dagli scozzesi Mogwai, anche i texani Explosions In The Sky sul palco più importante del capoluogo emilano.
L'arduo compito dell'apertura è affidato a Robert Lowe, un afroamericano attempato con un enorme strumento elettronico analogico molto bello da vedere ma di cui non so dire altro, ai cui suoni di impronta ambient accompagna un lamento sciamanico per troppo tempo. Un'esibizione alquanto fastidiosa, che supera tutti i tentativi di fare gli snob e farsela piacere. L'applauso finale è un esplosione di gioia, sia per l'imminente arrivo degli Explosions che per la fine della performance di Lowe.
I quattro protagonisti della serata e il loro sessionman arrivano quasi subito sul palco per sistemare la strumentazione, dopodiché la band si presenta, come al solito, mediante un discorso del frontman, in un italiano molto scorrevole. “Noi siamo Esplosioni nel Cielo”. E partono le risate, subito smorzate dall'inizio dello spettacolo.
L'evidente punto di forza degli Explosions In The Sky è la resa live anche perché, diciamolo, per quanto belli e paradisiaci siano tutti i loro componimenti, è da dieci anni che fanno sempre lo stesso album. Ma sul palco queste accuse appaiono solo come bazzecole: “Yasmin The Light” e “Last Known Surroundings” (le prime due del concerto) hanno dieci anni di differenza, ma sul palco rendono ogni datazione superflua, trasportando la mente in luoghi senza tempo.
I membri della band poi sono esecutori impeccabili e manifesto perfetto della carica emotiva del brano che stanno eseguendo: con la dolcezza “The Only Moment We Were Alone” cullano lo spettatore, facendogli chiudere gli occhi; con l'energia di “The Birth And Death Of The Day” lo scuotono, gli fanno spalancare le palpebre e davanti a vere e proprie esplosioni di energia. I chitarristi si chinano, si contorcono, la sezione ritmica deflagra di continuo. Mai nome fu più adatto di Explosions In The Sky: la band ti porta in Paradiso e poi lo fa esplodere.
Il concerto termina con l'ultima canzone dell'ultimo album, “Let Me Back In”, dopo un'ora e mezza abbondante senza pause. La protesta del pubblico per l'assenza di un bis si fa subito sentire e allora torna sul palco il frontman della band, con il suo solito buffo italiano: “Se tornassimo ora tutto ciò che vi abbiamo regalato perderebbe valore, resterebbe senza vaolre. Pensateci.”
Recensione a cura di Giacomo Falcon.
Progetto Felix.