Pordenone è una città strana. Piccolo centro del produttivo Nordest, cresciuto negli anni del boom economico all’ombra di un proliferante fermento industriale. Ed è proprio che da alcuni dei figli di quel boom si è scatenata una creatività e una propositività innovativa che ha reso la città sul Noncello riconosciuta dentro e fuori l’Italia.
“Music, film. Music” ne è sicuramente un emblema. Lo spettacolo presentato al Verdi è stato un viaggio musicale tra le più celebri pellicole per cui Teardo ha collaborato. E se, come diceva Proust “viaggiare è cambiare punto di vista”, il luogo in cui questo concerto ci ha condotto, ha sicuramente aperto nuove prospettive: verso un rimodellamento del paradigma musicale.
Manca poco alle 21 quando le luci del teatro si abbassano e Teho Teardo sale sul palco. Non nasconde l’emozione salutando il pubblico numeroso della sua città che lo applaude. Pochi secondi di silenzio affinché possa imbracciare la chitarra elettrica e subito veniamo travolti da un suono potente fatto di vibrazioni classiche e sintetizzate. Con Teardo sul palco anche Martina Bretoni ad accompagnarlo con il violoncello e special guest, Alexander Balanescu visionario e coinvolgente violinista di origine rumena ma dagli settanta inglese di adozione. Ed è proprio in Inghilterra che comincia la sua avventura di musicista originale ed eclettico che lo porta a collaborare con nomi come David Byrne.
Tra Teardo e Balanescu l’affinità è chiara sin da subito. L’equilibrio che creano tra contemporaneità e tradizione classica non lascia via di scampo. Non c’è spazio per i fraintendimenti. Quello che sentiamo va oltre ogni immaginario musicale. E soprattutto quello che vediamo ha del trascendentale: sul palco accanto ai tre musicisti, prendono forma anche tutti i personaggi che abbiamo conosciuto nei film in un’amplificarsi di suoni e forme che ipnotizza il pubblico e lo incolla alle poltrone. Solo le pause tra un brano e l’altro rompono l’incantesimo, giusto il tempo per un fragoroso applauso.
Le movenze di Teardo sono quelle di un vero rocker. Lascia oscillare la chitarra elettrica addosso come nella migliore tradizione punk. Intanto le movenze delicate della Bretoni sulle corde del violoncello si insinuano nei movimenti scattanti del violino di Balanescu.
Ad un certo momento Teardo posa la chitarra per approcciarsi ai mixaggi armoniosi e artificiali di suoni che ci riportano a La ragazza del lago. E poi un’anteprima delle musiche del prossimo film in uscita, Diaz. Che danno un entusiasmante assaggio di ciò che il genio creativo dei due compositori ha saputo generare.
Un’ora e mezza di incessante emozione, tra mix di musiche avviluppate penetranti, delicate, coinvolgenti, trasgressive. Il Teatro Verdi dimostra tutta la sua grande capacità di accogliere questa eruzione di suoni, creando così tutt’attorno un’atmosfera di incontrastata bellezza.
Alla fine gli applausi si susseguono incessanti, tanto che i nostri dovranno farsi rivedere sul palco una prima ed una seconda volta.
Teho Teardo ha saputo regalare al numeroso pubblico del Verdi uno spettacolo carico di intuizioni generatrici.
Una nota dolente: l’età media del pubblico. Piuttosto alta. Un vero peccato, poiché la purezza e la genuinità di ciò che abbiamo ascoltato rappresenta una vera occasione persa per quelle giovani generazioni sempre alla ricerca di novità e sperimentazioni.