Dopo le primissime serate di rodaggio, il primo vero grande evento del Radar Festival con cui fare i conti è il concerto degli Yuck, giovane quartetto inglese indie-rock (il bell'indie-rock di una volta) emersa da pochissimo tempo dalle ceneri della formazione nu rave Cajun Dance Party; l'omonimo album d'esordio colpisce subito per il prepotente utilizzo delle chitarre piacevolmente rumorose e il ritornello facile.
Dal vivo non tradiscono le aspettative dando vita a un concerto che, seppur breve, convince e coinvolge a pieno. L'unico problema che avrebbe potuto significativamente rovinare la festa era l'acustica (siamo pur sempre dentro una grotta) e invece anche quella è perfetta e riesce a valorizzare tutti gli strumenti e tutti i cazzo di feedback e wall of sound che rendono così figo il concerto.
L'esibizione inizia in sordina con il singolone-one-one “Get Away” (stavo tergiversando all'ingresso e, malgrado la corsa, me ne sono perso metà) e si sviluppa tra pezzi sempre riuscitissimi come l'ammiccante “Suicide Policeman”, dove emerge l'anima più pop della band, e “Hooling Out”, il pezzo più spiccatamente noise e dal ritornello killer. Chiude il set la magnifica “Rubber” che con il suo feedback pesantissimo e persistente ci trasporta in territori shoegaze, mentre il lento intercedere della voce dona al sound un'atmosfera struggente.
Così come è iniziato (velocemente), il concerto termina, più che altro perché il repertorio della band è quello che è. Ma da quest'ora scarsa si sono capite due cose: gli Yuck sono da tenere d'occhio e il Radar Festival ancora di più.
Recensione a cura di Giacomo Falcon.
Progetto Felix.