Come terzo ed ultimo evento della rassegna “Fiera della Musica” sul palco dell’Area Palaverde, si esibiscono gli albionici White Lies ed i nostrani Baustelle.
È doveroso innanzitutto fare un elogio a tutti quelli che hanno partecipato ai concerti, con un pensiero particolare soprattutto a quelli attaccati alle transenne sotto il palco, ed al lavoro delle prime linee della cosiddetta macchina organizzativa, viste le temperature veramente infernali di questi giorni.
I primi a suonare sono i White Lies, che ritornano in Italia in via del tutto eccezionale unicamente per questa serata e lo fanno veramente in maniera sentita. Essendo il gruppo “spalla” decidono per una scaletta forzatamente breve ma nonostante questo intensa e diretta come i loro testi ed il loro modo di suonare.
Quindi si susseguono i cavalli di battaglia che li hanno fatti conoscere in tutta Europa (e non solo) come To Lose My Life, Farewell To The Fairground, A Place To Hide, a cui aggiungono alcuni dei pezzi più significativi del loro primo album, la B-Side Taxidermy ed un’anteprima del loro nuovo album previsto per il 2011 (il cui produttore è Alan Moulder - Smashing Pumpkins, My Bloody Valentine, Nine Inch Nails- ndr).
Chi pensava di trovare la solita band di giovani nostalgici degli anni ’80 con sonorità e look caratterizzati da synth e da tratti dark è rimasto completamente spiazzato.
Durante la loro performance hanno la capacità di trascinare anche il pubblico che non è venuto principalmente per loro, dimostrando di essere un gruppo affiatato che affronta anche questo palcoscenico, meno “blasonato” rispetto al solito, con un vero e proprio piacere di suonare. Ed anche bene. Colpiscono inoltre le tonalità veramente particolari della voce del cantante, migliorata molto dalle prime uscite live, e la precisione del batterista che ricorda vagamente nei lineamenti Keith Moon (The Who ndr).
Chiudono con Death forse la canzone che li rappresenta maggiormente, e stando all’assaggio che hanno dato del nuovo lavoro possiamo essere ragionevolmente tranquilli che non si aggiungeranno alla lista delle innumerevoli “mezze verità” del panorama musicale che hanno completamente perso lo spirito che li aveva contraddistinti nelle prime uscite (vedi per esempio i The Bravery).
Poi è l’ora dei Baustelle. Ed è veramente un’ora di concerto (!) che rapportato al loro carnet discografico ed al tempo impiegato per preparargli il palco (30 minuti abbondanti) è sembrato veramente un po’ pochino. Per correttezza bisogna però aggiungere che uno scroscione temporaneo ha fatto terminare prima del tempo la loro esibizione per motivi di sicurezza.
È un ritorno sul palco della “Fiera della Musica”, poiché lo avevano già calcato nel 2006 come gruppo di apertura della serata con i Mau Mau. Subito balza all’occhio la formazione che, oltre al trio Bianconi, Bastreghi, Brasini presenta anche stavolta musicisti nuovi, sintomo di una ennesima nuova esplorazione e creazione musicale grazie anche all’aiuto in studio di un ingegnere del suono del calibro di Pat McCarthy (R.E.M.). Il pubblico apprezza questa sterzata, che coinvolge anche la parte dei testi, tanto che canzoni come Gli Spietati, Le Rane, La Bambolina (cantata interamente da Rachele) sono perfettamente scandite, a tal punto da far capire ancora ce ne fosse bisogno, di come i Baustelle siano diventati un (il?) gruppo di riferimento nel panorama musicale italiano anche e soprattutto per le nuove leve e non solo come rappresentanza di una certa frangia “snob-radical-chic”. Questa etichetta di appartenenza gli è stata attribuita da certe “penne” che li considerano come un gruppo che si è attirato consensi esclusivamente grazie alle colte citazioni letterarie presenti nelle canzoni, il più delle volte usate per riempirne una carenza compositiva, sullo stile adottato da certi gruppi del passato. Francesco Bianconi, invece ribadisce la veridicità e l’autenticità dei loro lavori e lo sottolinea quando, prima di cantare Le Rane, racconta di come lui in gioventù avesse veramente pescato e mangiato le rane e non come pensava un giornalista che si fossero rifatti ad una commedia di Aristofane. Citazioni o non citazioni, danno l’impressione però di essere a loro agio nella vena più rock di pezzi come La Guerra è Finita ed Antropophagus dove il loro suono finalmente assume più stabilità ed incisività da parte di tutti gli elementi creando anche dei tappeti sonori come chiusura .
Giusto il tempo che dal pubblico arrivi una proposta di matrimonio per Rachele ed arriva la pioggia che mette fine alla serata ed alla rassegna, con l’augurio per il prossimo anno di avere magari qualche serata in più.
Riccardo Zavagno