Mi chiamo Stefano, ho 33 anni, lavoro come cuoco, e vi scrivo da Stoccolma, dove vivo dal gennaio 2010.
Sono nato e vissuto a Pordenone, nel bel mezzo del “ricco” nord-est d’Italia, ma la mia decisione di trasferirmi all’estero, maturata piano piano, dopo avere conseguito una laurea nel 2005, è proprio legata principalmente all’inadeguatezza delle offerte di lavoro che ricevevo in Italia, sia in termini economici, sia in termini contrattuali.
La situazione in Italia era ed è pessima: non solo è difficile trovare lavoro (dati sulla disoccupazione di oggi alle stelle!), ma qualora lo si trovi, ti vengono offerti contratti a progetto, atipici, a chiamata, a tempo determinato, che non ti permettono in alcun modo di progettare il tuo futuro (mi riferisco alla sicurezza nell’affrontare le spese correnti d’affitto, o dell’auto o addirittura della spesa alimentare; figuriamoci costruire una famiglia!).
Per non parlare poi delle paghe: totamente inadeguate al costo della vita, che spesso bypassano i minimi sindacali, proprio in virtù della specialità contrattuale che ti viene proposta.
Tutte situazioni che ho vissuto anche in prima persona.
Così nel gennaio del 2010 mi sono trasferito a Stoccolma, di punto in bianco, con un po’ di coraggio ed incoscienza, senza alcun tipo di contatto, se non quello di una persona per affittare una stanza.
Dal giorno dopo il mio arrivo ho cominciato, curriculum alla mano, a cercare lavoro porta a porta nei ristoranti e negli alberghi, e dopo una settimana avevo già il mio lavoro, il mio contratto, e il mio adeguato stipendio.
Un colpo di fortuna? Non credo e ora vi spiego perché.
La Svezia è un Paese dove si parla un buon inglese, quindi anche l´immigrato che non parla la lingua autoctona, ha l’opportunitá di trovare un ambiente in cui venga accolto.
Nel momento in cui il mio datore di lavoro ha deciso di darmi un’opportunità, ha stampato il contratto da firmare: è una prassi, difficilmente ti impiegano “a nero”.
Non ho contrattato lo stipendio, ma il minimo sindacale che mi è stato offerto, è più che sufficiente per darti quella sicurezza per progettare il futuro al quale accennavo prima.
E questo in virtù anche dei servizi che la pubblica amministrazione offre.
Ad esempio, una rete di trasporti che consente di muoverti 24h al costo di un abbonamento di 80 euro al mese (molte famiglie, qui, non hanno l’auto) e un’amministrazione pubblica davvero efficiente.
Come l’ufficio delle tasse, che ti aggiorna regolarmente sulla situazione della tua contribuzione (la dichiarazione dei redditi ti arriva a casa già compilata e devi solo confermarla con un sms).
Ancora, voglio parlarvi del programma SFI (Swedish for immigrants): é una scuola per stranieri, dove si punta ad insegnare agli immigrati la lingua, la cultura e leggi svedesi, al fine di poterli integrare al meglio.
Le tasse qui sono alte, come, o forse di più, che in Italia, ma i servizi che lo Stato offre (come, inoltre, il supporto alle famiglie con figli – assegni di maternità, accesso agli asili; oppure le scuole di formazione per chi è disoccupato, con assegno mensile), sono tangibili ed efficienti.
Generalmente, non ci sono pregiudizi per chi è straniero o per colore della pelle o per sesso o per inclinazione sessuale.
Invece si è molto severi nel giudicare gli altri, nei riguardi del loro lavoro, del loro comportamento, della loro educazione: qui difficilmente si tollera qualcuno che parla a voce alta o che ha un atteggiamento da sbruffoncello.
Gli svedesi amano trascorrere una vita tranquilla e fanno in modo di conservare questa loro inclinazione.
Attenzione, però! Qui non è un paradiso!
Ovviamente ci sono molti aspetti negativi.
Il clima, innanzitutto: l’inverno è davvero lungo, buio e freddo.
Ho capito presto perché, specie in questa stagione, le persone generalmente sono piuttosto ritirate, si recano al lavoro e tornano a casa, senza fare molto altro.
Mancano poi, a differenza dell’Italia, luoghi di ritrovo nelle zone residenziali.
Gli svedesi non hanno il rito del caffé, quei cinque minuti spesi al bar, magari più volte al giorno, dove incontrare i vicini, scambiare due chiacchiere e sfogliare il quotidiano.
Le estati, poi, non possono definirsi calde come le intendiamo noi del sud europa: possono essere paragonate alla nostra primavera.
Vivo e lavoro a Stoccolma e sono soddisfatto della scelta che ho fatto, perché il mondo del lavoro e l’approccio rispetto ai giovani che qui ho trovato, mi hanno dato e mi danno delle opportunità di crescita professionale e personale, che in Italia difficilmente avrei.
Qui un giovane è visto come un talento che deve maturare. In Italia è visto come un immaturo con scarse competenze.
Qui si cerca di svilupparne le capacità, responsabilizzandoli.
In Italia, ahimè, sono spesso impiegati in mansioni di routine, al fine di sollevare il peso di quei noiosi compiti i diretti superiori.
Ho avuto altre brevi esperienze lavorative a Dublino, Londra, l’Aja, ed anche in queste altre città del nord europa, ho constatato lo stesso approccio che trovo qui in Svezia.
La mia impressione è che il problema italiano del fallimento di una generazione che fa fatica a trovare lavoro, ad emanciparsi ed ad autodeterminarsi, è anche un problema culturale di approccio nei loro confronti.
Pur vivendo all’estero, mi piace rimanere informato su quanto accade in Italia, e perciò mi sono inventato un programma in radio, di cui sono autore e voce.
Si intitola Visto da Fuori, trasmetto in una radioweb libera della mia città di origine, thegreatcomplottoradio.com, dove parlo dell’Italia da un punto di vista diverso.
Il punto di vista di uno dei 50.000 italiani che ogni anno lascia l’Italia e va a vivere all’estero.
Vi lascio delle coordinate se voleste ascoltare il programma
Su facebook cercate il gruppo: Visto da Fuori – La radio trasmette da Stoccolma!
in onda giovedí e sabato alle ore 15 italiane su thegreatcomplottoradio.com
http://thegreatcomplottoradio.weebly.com/1/post/2012/08/visto-da-fuori-la-nuova-trasmissione-da-stoccolma.html