MORENO TURI:
VOCE
ERRICO "RUSPA" CARCAGNI: SINTH,TASTIERE,CORI
DONATELLO "CUSCI" VITTO: SINTH,TASTIERE,CORI
EMANUELE "SCIAMPY" CARCAGNI: CHITARRA
VALERIO "V.BASS" GRECO:
BASSO
ANTONIO "DEMA" DE MARIANIS: BATTERIA
Stile + elaborazione: la risposta a chi domanda cosa significa SteelA è semplice e sincera. Come rapida è stata la maturazione dei sei ragazzi partiti dal Salento e tuttora in viaggio verso il suono apolide dell’Europa fuori controllo: dai primi sound system in cui buttarsi sul microfono all’idea di band, dagli incontri con Max Casacci (Subsonica) e Madaski (Africa Unite) a un primo album ricco di radici reggae e vie di fuga elettro club, fino all’esperienza come backing band di Raiz e all’elaborazione del secondo disco. L’istinto selvaggio di gioventù si intreccia alla maturità di chi a soli ventiquattro anni, questa è l’età media del gruppo, ha già dedicato metà della propria esistenza alla musica.
Procedendo per ordine, nel cuore degli anni Novanta il tredicenne Moreno Turi da Borgagne è poco di un bambino, eppure già se la gioca nelle dancehall di ispirazione giamaicana e retrogusto taranta che invadono le spiagge della sua zona. Intorno a lui e a Emanuele “Sciampy” Carcagni si aggrega una sorta di antibaby band: nessuna velleità da fenomeno televisivo, semplicemente la passione per il reggae degli Africa Unite, di casa sulla piazza del paese. Via i giocattoli, arrivano gli strumenti e nasce il Salento Roots Project, anticamera di SteelA. Moreno ci mette la voce e Sciampy la chitarra, Donatello “Cusci” Vitto ed Errico Carcagno tastiere e cori, Valerio “V.Bass” Greco il basso, Antonio “Dema” Demarianis la batteria. Quegli stessi Africa Unite si accorgono che sta succedendo qualcosa di speciale: Madaski, da bravo dubmaster, e Casacci, che nel frattempo ha fondato i Subsonica e l’etichetta Casasonica, diventano ostetriche artistiche di un felice parto naturale, il disco di debutto “I Livello”.
È novembre 2006. Tempo di impatti. Quello del cd sulla critica e sulla gente: eccellente. E quello di Torino sul gruppo, eccitante. Le due realtà sembrano fatte una per l’altra. Gli SteelA arrivano dal Salento, ma non sono catalogabili come reggae band, specialità della zona. Il suono giamaicano lo hanno nel sangue, però cercano altro; e sotto le Alpi trovano una scena elettronica sincronizzata con il meglio della mappa internazionale, i club che lungo il Po rendono digitali le notti d’inverno, il sapore d’Europa. Senza abiure verso le radici, i sei camminano disinibiti verso dubstep e break, incrociano cantautori informali, rapper meticci, produttori insonni, festival del cinema, gallerie d’arte, fermenti universitari. Sono due anni di elettroshock permanente, punteggiati da tournée, dj set, showcase acustici e sanguigni ritorni a Borgagne. Gli SteelA suonano bene, sempre meglio. Del crocevia permanente di emozioni fa parte anche l’incontro con Raiz, che nel 2008 si immerge con loro in Salento per preparare il tour in cui lo accompagnano come backing band fino alla Germania e al Primo Maggio romano con Lucio Dalla. Altri passi nel percorso che porta al secondo album; lo sviluppo naturale eppure mai prevedibile del suono e della poetica di un gruppo capace di mettersi in discussione ogni giorno restando sé stesso.
È ancora novembre, stavolta del 2010, dopo quasi due anni di lavoro gli SteelA decidono di trasferirsi in quel di Luserna S. Giovanni nella casa-studio di Madaski per ultimare finalmente il loro lavoro e introducendo così i nuovi brani che la band ha scritto, riuscendo a bilanciare sul disco la voglia di sperimentazione e di elettronica cresciuta negli anni con la linea reggae-dub-rnb che li ha caratterizzati e distinti durante la loro crescita. Ne scaturisce un disco che meriterà l’attenzione del pubblico e della critica.