Iniziamo da “Settembre”, uno degli ultimi pezzi dello spettacolo: Cristina alla voce, Piero Monterisi alla batteria.
Si racconta di un momento di difficoltà, con le parole di chi a settembre non ha ancora perso il piacere di sentirsi un vestito estivo addosso e, nonostante tutto, ha il cuore ancora capace della leggerezza dell'amore.
L'atmosfera è quella raccolta e calma di un live acustico; la batteria lascia muovere la voce calda ed impeccabile di Cristina come un ballerino accompagna ed esalta i movimenti della partner. Ho scelto questo pezzo per spiegarvi lo spettacolo di venerdì per l'atmosfera coinvolgente ed i suoni eleganti e forti. La chiave di tutta la serata.
Cristina ha accolto il pubblico con “Stelle buone”.
Il SUO pubblico: non erano solo le prime file a cantare i testi a memoria; su “Invisibile” abbiamo addirittura ottenuto "l'effetto Vasco" (come la Donà stessa ha sottolineato) con il coro di tutta la sala.
Si è divertita con noi spiegando come è nato il suo particolare strumento detto "mal comune mezzo gaudio", poiché è composto da due kazoo che funzionano solamente insieme. Ha arricchito il finale con le cover di “Heart of glass”dei Blondie, con "Piccola istrice" dei Subs (un omaggio a Casacci, tra il pubblico?).
Sul palco, oltre a lei, tre musicisti si dividevano tra chitarre e tastiera (Saverio Lanza), basso e contrabbasso (Emanuele Brignola), batteria (Piero Monterisi, "l'uomo del tempo"). Tutti superlativi e tutti con un look elegante: uomini in giacca (per chi è riuscito a tenerla!) e Cristina in nero, pantaloni e maglia asimmetrica che lasciava una spalla nuda.
Un du' tre e qua'… e capiamo che quello che ci aspetta non è il live posato di un'artista che sta immobile dietro al microfono (ma qualcuno ha visto PJ Harvey a Ferrara l'anno scorso?), perché Cristina e i suoi musicisti hanno gonfiato le vele delle chitarre, dato fuoco a piatti e tamburi e navigato veloci sulla cresta dei tasti senza risparmiarsi e lasciandosi andare a virtuosi dialoghi jazz tra strumenti e voce, a muri di chitarre e a tutto quello a cui la storia alternative di un'ottima musicista ci ha abituato.
Per chi magari non avesse capito che l'indie rock non sta nell'anfibietto in tinta o nel tatuaggio grosso, consiglio di non perdersi una delle date di questo tour.
Stelle buone ha fatto sperare chi, come me, segue Cristina da “Tregua” (1997), che non ci fossero solo i pezzi dell'album nuovo.
Dell'ultimo album si percepisce chiaramente quello che lei stessa dichiara nelle sue interviste: "cogliere i dettagli che compongono la realtà, dove ogni scontata normalità nasconde, quasi sempre, lo straordinario, nel bene e nel male"
E' infatti facile riconoscersi nel quadro frenetico di “Giapponese” (ah il maledetto lavaggio strade!!) o nelle complicate implicazioni sentimentali di “Vado a casa a piedi”.
I testi di Cristina riescono a disegnare il quadro delle difficoltà grandi e piccole, dei momenti intensi e delle scure profondità, tenendo le fila di tutto con il tocco letterario dei poeti del quotidiano.
Questa la scaletta:
Stelle buone
The Truman show
L'aridità dell'aria
Niente di particolare
In un soffio
Giapponese
Miracoli
Più forte del fuoco
Goccia
Un esercito di alberi
Settembre
Invisibile
Tutti che sanno cosa dire
I bis:
Universo
Ho sempre me
Triathlon
Silvia