Serata gelida a Pordenone, venerdì 18 scorso, riscaldata però da un emozionante concerto di De Gregori al Deposito GIordani.
Il vostro narratore non è mai stato un fan del grande artista italiano: per fatti contingenti negli anni 70 era un po' dall'altra parte della barricata, militavo cioè nel movimento punk/new wave, seppur sui generis come quello pordenonese. Quindi ascoltare "i cantautori" era vieppiù sintomo di mollezza e doppiezza, se non addirittura di alto tradimento. Ma quando la poesia raggiunge i livelli che hanno quasi sempre contraddistinto le opere di De Gregori, e quando alcune canzoni si radicano giustamente nell'immaginario collettivo, e dunque anche in quello del sottoscritto, ebbene, per fortuna vengono a cadere anche le pseudo barriere cultural-generistiche, tanto più se fittizie e inutili.
Quindi mi apprestavo in cuor mio ad assistere ad un concerto che di certo sapevo mi avrebbe emozionato.
Il Pubs and Clubs Tour, così si chiama, mi intriga anche perché segna il ritorno ai venue più ruspanti, più da vero palco rock, invece che i teatri vellutati ed eleganti ma un po' sterili a cui ci aveva abituato in passato, oppure i grandi concerti all'aperto.
Eccomi dunque, in leggero ritardo, alle porte del Deposito Giordani, che trovo abbastanza pieno ma non colmo.
Prima nota obbligatoria: l'età media. Come c'era da aspettarsi la maggioranza è di adulti e maturi (che bello passare parte della serata ad immaginare quei volti con 30 anni di meno; giovani speranzosi del secolo scorso, forse un tempo incazzati e rivoluzionari, ed ora con fisionomie così consuete, borghesi e banali. Uno specchio nel quale, per vie traverse, rivedo anche il mio volto...).
Ma con felice sorpresa c'è anche un nutrita schiera, seppure ovviamente minoritaria, di giovani e giovincelli, che suffraga l'idea che alcune musiche sono davvero senza tempo.
Sul palco la formazione è composta da due linee: davanti al centro De Gregori con alla sua destra il fido Giovenchi alla chitarra e alla sinistra la bravissima Elena Cirillo (al violino ma anche alla seconda voce), l'altra chitarra e anche l'altro violino affidati a Lucio Bardi. In secondo piano basso, tastiere e fisarmonica e batteria.
Un amalgama perfetto già dopo poche canzoni mi fa pensare di essere davanti ad uno dei migliori gruppi rock in Italia. Capitanato poi, e qui parlo a livello squisitamente umano, da un ex burbero ed ex scontroso, ma sempre elegante, sempre rigoroso, sempre perfetto nel suo “aplomb” sul palco con tanto di cappello. E decisamente più simpatico e rilassato!
Si parte: il suono non è acustico e unplugged come un concerto per pubs e clubs potrebbe far pensare. Al contrario! Il concerto è invece molto suonato, molto ricco e vario musicalmente; i musicisti sono tutti presenze forti e si fanno sentire, eccome! Insomma un suono bello, potente, ma sempre preciso e distinguibile.
Il concerto si apre con una Generale riarrangiata molto slow, molto dolce, complice il violino di Elena Cirillo, bravissima nell’entrare da subito perfettamente in sintonia con il tutto. La scaletta è un continuo alternarsi di brani molto famosi ( Sempre e per sempre, a Niente da capire, a Vai in Africa Celestino o a Titanic) e di sorprese (Caldo e scuro, Il panorama di Betlemme, La casa o Bellamore, una canzone molto sentimentale, come la presenta Francesco). Canzoni magari tenute per un po’ nel cassetto (Tempo reale, Gambadilegno a Parigi, Battere e levare con i due violini di Elena e Lucio che irrompono all’inizio in perfetto stile country) e ora ritornate alla luce con un nuovo vestito, e altre invece rimesse in circolo così come sono (la dylaniana Non dirle che non è così , Finestre rotte, e quell’ Agnello di Dio che per la verità non se n’era mai andata dai suoi live).
E poi ci sono i pezzi immancabili nei suoi concerti, i classici: Alice, malinconica e dolcissima, Rimmel nella versione estiva con l’ukulele di Giovenchi e la sola voce di De Gregori, che è capace di risvegliare ancora i brividi, e quella Buonanotte Fiorellino che non si assomiglia mai, ora stravolta nei tempi e nelle strofe con una ritmica stavolta in 2 tempi, ma che si adatta perfettamente e che fa sembrare che sia sempre stata pensata così. De Gregori cavalca le sue canzoni più belle, con la sua bellissima voce, asciutta e tagliente. Che diventa davvero emozionante nella versione minimalista di tastiere e voce de La Donna Cannone. E poi il bis, fino alla sorpresa finale: A Chi, il famoso pezzo portato al successo da Fausto Leali e che diventa un potente e pesante blues sudista, con una interpretazione vocale impressionante. Applausi tanti e tutti strameritati.
Grande concerto, amici miei.
Magia purissima, di un poeta con un’armonica al collo e con una chitarra in mano.
Venerdì 18 Novembre 2011
Massimo Adolph Nutini
Scaletta completa:
Generale
Caldo e scuro
Vai in Africa, Celestino
Niente da capire
Finestre Rotte
Gambadilegno a Parigi
L’agnello di Dio
Non dirle che non è così
Il panorama di Betlemme
Sempre e per sempre
La storia
Tempo reale
La casa
Titanic
Alice
Buonanotte fiorellino
La donna cannone
Rimmel
BIS:
Bellamore
Compagni di viaggio
Battere e levare
Sotto le stelle del Messico a trapanàr
A chi