Samuel Romano, cantante dei Subsonica e dei Motel Connection, ha un appuntamento fisso con il festival di Radio Sherwood e, con una band o con l'altra, si presenta ogni anno a Padova: più che una noia è comunque una sicurezza, perché pochi meglio di lui in Italia sanno tenere così bene un palcoscenico e guidare le masse durante un concerto.
Lo Sherwood Festival registra quindi il pienone totale (mentre il giorno prima il pubblico aveva dato una risposta modestissima dal punto di vista del numero ai Mogwai, probabilmente il miglior guest di sempre del festival) e vedere tutta quella gente dalla cima della collina è davvero uno spettacolo assurdo. Assurdo perché immeritato, assurdo perché i Subsonica sono ormai l'ombra di se stessi, assurdo perché i loro concerti sono sempre la solita storia da un bel pezzo ormai, ma la gente assurdamente non sembra stancarsene mai.
Ho vissuto la prima metà di questo concerto nelle primissime file (dove il sudore e la violenza si sprecano come in pochissimi altri concerti in cui sono stato), forse per cercare di far rivivere quel sentimento e quell'energia che i Subsonica mi trasmettevano quando ero più giovane (e soprattutto meno snob dal punto di vista musicale). Ma il quintetto torinese non trasmette niente e, come se non bastasse, farcisce la scaletta con pezzi orridi dell'ultimo album, come “La Funzione”: aiuto. Certo i bei pezzi non mancano, “Nuvole Rapide” è splendida ed energica come un tempo e la band regala pure “Dentro I Miei Vuoti”, uno dei loro pezzi più struggenti, che comunque nel contesto nuovo in cui si sono calati non riesce a emozionare come dovrebbe.
Sicuramente deviati dalla dance dei Motel Connection e dalla drum'n'bass degli LN Replay (side project del batterista Ninja) i Subsonica diventano di giorno in giorno sempre più tamarri, si presentano con divise ridicole (tutti in camicia rossa e cravatta nera – e prima delle encore tutti si cambiano, invertendo i colori, manco fossero Vasco Rossi) e ricalcano l'ombra di loro stessi.
Forse questa recensione è stata contaminata dalla delusione di chi non si è minimamente divertito al loro concerto (la metà finale dell'esibizione l'ho passata in cima alla collina, da solo, mentre i miei conoscenti e il resto degli spettatori sembravano divertirsi davvero), ma davvero i Subsonica non sono più questo granché. Come detto scherzosamente anche da loro in “Benzina Ogoshi”, dall'ultimo album, non sono mai riusciti a bissare il successo di “Microchip Emozionale”, ma almeno fino a qualche tempo fa rimanevano comunque una grande band, anche e soprattutto dal vivo. Spero sinceramente in una futura ripresa, ma per il momento consiglio ai palati raffinati di astenersi dai loro concerti.
Recensione a cura di Giacomo Falcon.
Progetto Felix.