Tra cori non ben identificati e sfuggevoli “grazie” da parte di Roberta, arriva il momento di “muori delay”: il pogo diventa talmente forte da creare una specie di onda umana che mette a dura prova l’esile arbusto posizionato al centro della location esterna dei mercati generali. In quel momento, speravo che il karma facesse il suo corso catapultando la mia ex vicina in mezzo alla folla imbufalita. Inutile dirvi che il karma non mi ha calcolato minimamente. A salvare la sorte del povero arbusto cigolante ci pensa “razzi, arpia, inferno e fiamme”, brano che smorza i toni e rende l’atmosfera quasi sognante. Il pubblico, immerso in una sorta di abbraccio collettivo, intona il coro in risposta al cantato di Alberto e per 2: 50, i mercati generali somigliano a Woodstock. Per la cronaca, io ero circondata da coppiette. Impegnato a destreggiarsi tra tastiera e chitarra, Alberto non sgarra mai una nota (ed un urlo), regalando al pubblico perfino uno stage diving durante “ Isacco nucleare”. Luca riesce a picchiare per bene la sua batteria anche quando uno dei suoi piatti decide di abbandonarlo. Il suono martellante del basso accompagna il tutto e Roberta ,tra un canzone al basso ed una alla tastiera, si conferma essere una delle migliori musiciste del panorama rock italiano.
La chiusa è affidata alla triade “sorriso in spiaggia”, “Gulliver” e “ lei disse” ,brano che lascia i presenti sospesi in un limbo tra inferno e paradiso, tra violenza e soavità. Un live potente, sintetico e di ottima qualità che conferma la continua crescita artistica (e di pubblico, visto che la data era sold out già da un mese) di una delle migliori band italiane. Un concerto da gustare fino all’ultima canzone, un mix perfetto tra tecnicismo e pura arte. A fine concerto, un gruppo di ragazzine bramava un incontro con il trio ancora impegnato a consumare la cena. Con le facce spiaccicate nei vetri del locale, appellavano Alberto con euforiche esclamazioni di diversa natura; io le guardavo e non riuscivo a capire cosa ci fosse di speciale nell’osservare i verdena cenare. Tutt’ora non riesco a capirlo, forse proprio perché non ho più quindici anni.
Caterina Mauro