Apre la romana Mushy con la sua band, carina per un paio di pezzi, poi subito noiosa. Ma come warm up della serata ci sta.
Sale poi sul palco l'attesa Zola Jesus, non in forma smagliante (leggermente raffreddata, con problemi sulle note più alte) e in evidente stato di frustrazione (probabilmente è una di quelle artiste che da sé pretendono solo la perfezione). Proprio per questo motivo la performance diventa di grande impatto: accortasi dei problemi sulle note più alte Zola si fa sempre più rabbiosa aggiungendo ai suoi movimenti teatrali e alle sue canzoni iper-emotive una violenza scenica indimenticabile. Solo lei non si accorge di quanto questa rabbia faccia del bene al suo live. Nei momenti centrali del concerto, dopo essersi scaldata per bene la voce, arriva anche alla sua intera estensione vocale e da la prova inconfutabile di quanto sia una voce sensazionale. Dopo purtroppo la voce ne risente e lei si aggira per il palco infuriata, battendo i piedi. Così piccola eppure così incazzata, un angioletto che si trasforma in un demonio.
Ottima prova anche per la sua band, in particolare per l'addetto alla sezione ritmica che, tra laptop e un drum kit piuttosto mutilato, regge l'intero spettacolo con l'energia che solo uno standing drummer può emanare. E che standing drummer! Per quando la performance di Zola sia interessante, il vero protagonista è lui.
Finito il concerto Zola Jesus se ne va incazzatissima, il pubblico chiede a gran voce un bis, ma lei torna e saluta con un inchino.
Recensione a cura di Giacomo Falcon.
Foto di Cristiano Franzin.