Si parla di musica, la loro musica a 40 anni dall'inizio, ma soprattutto di vita, di futuro e di amore. Queste le parole che ricamano un coinvolgente e purissimo scambio preconcerto con Francesco Di Giacomo e Vittorio Nocenzi, anime pulsanti del Banco del Mutuo Soccorso, storica band del panorama progressive italiano anni '70 che ha ancora molto da dire e da insegnare. E lo fa nella maniera più dolce e più familiare possibile, quella di due amici che condividono passioni e tempo insieme ormai da una vita e che si confrontano su grandi temi esistenziali con la leggerezza di una chiacchierata al bar. La stessa naturale armonia con la quale in un concerto tengono i volti degli spettatori sospesi dall'incredulità mentre sferrano attacchi vorticosi con tastiere, chitarra, basso, percussioni e fiati. Questi 40 anni di viaggio insieme non sono un matrimonio di prospettive, ma uno scambio di vedute. Festeggiarli non è un dovere ma la testimonianza del piacere di essere arrivati fino a qui, insieme.
Com’è nata l’idea di questo anniversario? « L’idea di raccontare di noi l’avevamo già da un po’. Siamo schivi di carattere, per decenni ci siamo fatti raccontare da altri, che hanno detto di tutto, inventando miti e leggende su di noi. Adesso sentivamo l’esigenza di parlare in prima persona. Un atto dovuto a chi ci ama e ci segue ancora dopo tutto questo tempo. E la voglia anche di scoprirci un po’, di mettere fuori la testa.»
In cosa consiste questo progetto? «Sarà un grande evento corale, con molti attori; noi facciamo semplicemente i padroni di casa, coloro che accolgono e mettono a disposizione. La scusa è quella dei nostri primi 40 anni, ma non vogliamo festeggiare nessun giubileo, nessun “buon compleanno”, solo mettere in luce delle esperienze e dei valori nei quali crediamo, sempre di più. Un lungo cammino che ci impegnerà due anni e che avrà l’eclettica forma tipica dell’arte: molte voci, diverse espressioni, partecipazioni importanti e significative, creazioni tra le più disparate. E le più molteplici suggestioni con le conseguenti critiche.»
In questo percorso la prima tappa è stata con le Orme… «Saremmo insinceri se ignorassimo il ruolo centrale che le major hanno avuto nello spingerci a questa reunion, ma l’idea è stata accolta dal Banco con entusiasmo. Quest’estate ci siamo trovati a Roma e in una serata speciale alla Casa del Jazz abbiamo condiviso la prospettiva di camminare assieme alle Orme per qualche tappa. Siamo colleghi, amici, guardiamo nella stessa direzione e questa direzione si chiama “musica”; non progressive o folk, non elettronica o psichedelica, ma semplicemente buona musica, accolta prima e proposta poi con tutta la passione e il serio impegno di chi la considera l’unica vera speranza di vita futura. Non siamo mai stati contrapposti come molta della critica desidererebbe, non siamo i Beatles e Rolling Stones della scena rock italiana, siamo dei musicisti e soprattutto degli uomini che sono diventati grandi insieme, convivendo con successi e delusioni.»
Oltre ai concerti, cosa avete in programma in questo tour? «Come dicevamo, le performance live non sono che una parte del progetto che ci vede “on the road” per ben due anni. Ci sarà questo primo tour con le Orme, al quale ne seguirà un secondo diverso in estate; ci saranno due libri: “Sguardi dall'estremo occidente” che è un discorso sulla musica fatto a due voci -quella di Vittorio Nocenzi e quella del musicologo Gianfranco Salvatore- e “Non ci rompete”, una biografia “autorizzata” e personale sul Banco del Mutuo Soccorso scritta da Francesco Villari, editi entrambi da Stampa Alternativa. Due anni raccontati in musica, in due libri, in due prodotti artistici (un disco “Sacro massacro” che raccoglierà la rilettura fatta da altri della loro musica e alcuni inediti ed un dvd con riprese dei concerti, contenuti speciali, backstage e molte storie mai raccontate -NdR-) e soprattutto nelle parole di chi ci affiancherà sostenendo la nostra stessa bandiera, quella della rinascita degli ideali e del rispetto per un mondo che va curato, difeso e conservato a partire dall’ambiente. Nostro grande partner sarà infatti Greenpeace, ai cui progetti abbiamo dedicato molta collaborazione, una importante, che parla all'anima, anche con Franco Battiato in Imago Mundi, un brano che uscirà tra un paio di mesi.»
La vostra musica è di ampio respiro ed ancora molto attuale. Il vostro pubblico com'è cambiato? «La musica progressive è stata ed è parte importante della nostra storia, ma noi facciamo musica a trecentosessanta gradi, non solo prog. Abbiamo abbracciato il rock, il jazz, la classica e molto di quello che ci sta in mezzo. La qualità non è proprietà esclusiva di nessun genere musicale, risiede ovunque ci sia ispirazione e autentica creatività. Le persone apprezzano la musica del Banco perché ne colgono l’ampiezza compositiva e la dinamica espressiva. I diversi colori coi quali la nostra musica è composta fanno sì che qualcosa arrivi sempre, a seconda dei gusti di chi la riceve: l'energia del rock, la ritmicità e ricchezza armonica del jazz, l’improvvisazione e l’istinto della musica etnica, le opportunità timbriche della tecnologia dell’elettronica. Ciò che ci regala la carica di sorridere è vedere l'enorme quantità di giovani e giovanissimi che ci scopre, ci ascolta, ci segue. E questo ci rende felici, oltre che orgogliosi, perché vuol dire che la fiamma della curiosità che poi porta alla ricerca, alla conoscenza e alla condivisione della scoperta è ancora viva, oggi come ieri, come ai nostri tempi. L'unica differenza è che oggi è cento volte più veloce e più consapevole. Tutto arriva prima, viene consumato in fretta e i nuovi mezzi di comunicazione virtuale moltiplicano i contatti all'inverosimile, democratizzando ogni piccola conquista e inserendola così nel bagaglio esperienziale di chiunque venga raggiunto. In un click. Questa è una cosa positivamente eccezionale, se usata bene e a buon fine. Le persone sono sempre persone, non importa il contesto nel quale si muovono. Le passioni, le fragilità, il cuore che batte sono gli stessi. Davanti a noi, ad un palco ricco solo dei nostri strumenti e delle cose che abbiamo da raccontare, le distanze si abbattono. Non conta più l'anno, l'istruzione, il paese. L'uomo è uomo, ovunque e sempre. Questa è la grande risorsa della rinascita dalla quale bisogna ripartire. Una volta conquistata la consapevolezza piena, bisogna riappropriarsi del rispetto di sé.»
E' un messaggio importante quello che volete lanciare con questo vostro progetto. «Sì, è un progetto ampio e coinvolgente e non vorremmo che fosse letto come una sorta di piccolo “festival del prog”. Purtroppo in Italia la musica è considerata solo intrattenimento, non cultura, e spesso mancano gli spazi per fare musica, che vuol dire fare cultura. La cultura porta progresso e, col progresso, lavoro; noi, con questo tour e con i nostri 40 anni di vita, vogliamo dimostrare che il lavoro nobile è attenzione alla cultura, perché fa bene a noi come genere umano e alla nostra sopravvivenza. La globalizzazione deve essere letta come esaltazione delle particolarità e delle differenze: una sinfonia corale di tante voci e suoni diversi. E questo compito è destinato ai giovani, che ne devono capire l'importanza e l'essenza. Per farlo, bisogna tornare qualche passo indietro e guardarsi meno fuori e più dentro. Solo dopo, guardare fuori può essere davvero “vedere”, riprendendosi dal grande sconforto che la nostra generazione ha lasciato loro. Gli avevamo promesso un sogno ed invece abbiamo fallito, lasciando al posto della grande utopia una grande disillusione. Ora è tempo per una rinascita, fondata su nuovi dettami: l'ambiente naturale ed umano. Questo è un nuovo Medioevo pronto ad uscire dall'oscurità.».
Francesca Pessotto